Moloch whose mind is pure machinery!
Moloch whose blood is running money!
Ho visto i palati migliori della mia generazione e tanti troppi analfabeti del gusto
tracannare cacca liquida rifermentata in vasca, processata da-mosto-a-mostro in cantine-parafarmacie: rinzuccherata, stralievitata, masturbata a suon di seghe e segature, solfiti, polverine magiche tric-e-trac, trasfusioni d’organi ed enzimi, trasformazioni d’uve filosofali…
Quindi, si diceva cacca liquida, imbottigliata in serie per le foche ammaestrate del pianeta vino, un Circo Barnum internazionale della dura, ottusa legge globalcentrica ad assimilazione ingorda d’una sempre solita tritacarnale sozza solfa, la tiritera mercantile della: domanda/offerta.
Sommelier non-ti-scordar-di-me, blogcazzari, degustatori disgustosi, imbonitori panzuti d’aria fritta, pagliacci tristanzuoli, giratori di bicchieri crepati e bocche cariate d’alitosi, parolai sempre chini/inclini ai monetini infilati su pei deretani ed ecco che parte, burattinica, la tiritera uggiosa degl’aggettivi stronzissimi a mitraglia. Piagnoni inpinguiniti col Tastevin al petto e la vescica pregna di metanfetamina smerciata per coca pura – poveri loro – così come i coglionotti sterilizzati in stile cane da passeggio, ma rigonfi dei peggio Tavernelli tarocchi pur se prestigiosi, vinoavvocateschi, altolocati, strapremiati, winespettacolari…
Tanti, ma tant’altri cerebrolesi di corte, filistei assoldati a busta paga d’industrie del consenso e laboratori del convivio, osannatori d’etichette pluricelebrate costruite da zero in milioni e milioni d’esemplari tutti uguali al nulla assoluto. Referenze costose solo agl’occhi degl’orbi, sbrilluccicanti d’oro falso in filigranapadana, paillettes, cotillons e retro bottiglie da cantastorie-spacciatori di fumo alcolico per masse amorfe tanto ai centri che alle periferie commerciali. Bocce falliche mosce, totem-tabù in vetro gonfie all’orlo del medesimo vuoto a perdere di coloro stessi i quali le producono-commerciano-censiscono-speculano-promuovono-ingozzano; Leviatano dai troppi volti e nessuno, che poi sono solo un belletto capriccioso, il fango termale di zolfo in faccia, – e che meschina maschera marcia – a celare rughe cascanti, le nari viscose, le rattrappite gote d’una malefica vecchiaccia bagascia scorreggiona, stolta d’una megera succhiacazzi, meglio avere il tappo di ragadi al culo dovuto ai troppi fichi d’India ingozzati a centinaia che un solo goccio di ste tignose letamaie improfumate da eno-poco-logiche delizie all’avanguardia, tarzanelli acquei e ritrovati all’ultimo protocollo eno-tecno-alchemico in cellophane, servite con sfoggio teatrale, vanagloria sparapetazzi ed esibito lusso ben poveraccio sui tavoli naïf alle cene, nei ristoranti alla moda, nei bar radical-chiccosi i salotti privati d’oligarchi, i parvenus, gli zoticoni dei tycoons, gli sparacazzate a iosa, i saccentoni, tuttologisti, politicazzi/vigneron dell’ultim’ora, i cazzipettinati a schiera, gl’orangotango incravattati d’ogni rango del mondo tutto.
Meglio allora sarebbe tornare indietro all’acqua sciacqua di pozzo che sorbirsi sto puzzo di fogna incatramato d’additivi farmaceutici, grumi di caccole antocianiche, descrittori “organolettici” – almeno così sganasciano sti pecorecci d’un kitsch inesorabile, belanti sotto i riflettori, vomiterecci online o scriventi su cartaculo – aromi fini fini, pungenze fotti fotti che sanno di:
“…scorza d’arancia giallocacarella con accenni d’altra frutta esotica alla candida (vaginalis), un pelino d’ossidazione – e si che son peli d’ascella mai lavata d’ottuagenario arteriosclerotico – come.. quasi.. pure.. tipo.. la pisciazza d’oca spontaneamente rifermentata su zolla color terra arsa di Siena (è ancora sempre e solo colpa di Nerone?). E poi sentori vagamente dostoevskijani del cuoio capelluto d’un prigioniero siberiano spennato scampato proprio per miracolo – bella bottadiculo lui – alla fucilazione con una certa scia sfumata retto-anal-diarroica, molto lieve però sia chiaro, una ben sostenuta acidità alle crostacce dermatito-seborroiche sottospirito e che bel colore pus accesso ha! tendente si direbbe al mattonato bilioso verde-senza-speranza cirrosi epatico ultimo stadio. Quasi quasi un muffito nobile (muffe spiantate e nullatenenti mai?) intriso al mestruo “Sauterners” barricato fût en chêne di fagiano mentecatto – ma che niente niente pure loro c’hanno il ciclo? – amaricante il giusto pur se leggermente tannico al retrogusto, che è come a dire: bavoso rinculo della sputazza allappante alle gengive! Potenzialità d’invecchiamento nel tempo: dallo scrotame assai ben poco linfatico anche se ben triturato-mentolato-balsamico-imbalsamato di Tutankhamon nel sarcofago, fino ad oggi pomeriggio.. domani in serata al massimo, ma solo e soltanto se rigorosamente non scaraffato!”