1983/2008 Verticale storica del Trebbiano d’Abruzzo di Valentini a Loreto Aprutino: tentativo di racconto a più voci
Vitigno Visione Paesaggio Identità. Quella parte d’Abruzzo chiamata Trebbiano
{Il video è stato realizzato da Fabio Moretta che qui ringrazio, cosi come ringrazio e saluto ancora una volta tutti i “fomentati” che ci hanno raggiunto da svariate regioni d’Italia (Sicilia, Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio lo stesso Abruzzo) per essere con noi a Loreto Aprutino a celebrare il genius loci dentro a 13 bicchieri di 13 differenti annate dell’unico e inimitabile Trebbiano d’Abruzzo Valentini.}
Vita. La salamoia spirituale che preserva il corpo dalla decadenza.
(Ambrose Bierce, Il Dizionario del Diavolo, 1911)
In quel di Loreto Aprutino il 12 marzo scorso (2016) assieme alla complicità de La Fillossera – (Giovanni Carullo e Graziana Troisi) abbiamo stappato e bevuto 12 annate (che poi sono diventate 13) progressive del Trebbiano di Valentini più rappresentative dei 3 decenni: ’80, ’90, ’00.
Ricordo en passant che da Valentini l’uscita commerciale dei vini non è cronologica ma dipende essenzialmente dalla gradazione alcolica e il ph quindi da vini più o meno pronti ad essere commercializzati e che comunque il principio d’ispirazione a fondamento di tutta l’azienda è quello di fare vini che durano nel tempo; un’idea antica eppure modernissima d’enologia e viticoltura che approccia il vino quale manufatto da lavorazione artigianale e non in quanto oggetto in serie da manipolazione industriale. Un lavoro minuzioso, manuale e sacrificato in vigna utilizzando tecniche di lavorazione artigianali non inquadrate da talvolta eccessivamente burocratici schemi e protocolli bio e senza ovviamente manipolare l’uva in cantina in alcun modo previsto o predisposto dalla Tecno/Scienza che come si sa è sempre più invasiva ed omologante. In vigna quindi non si lavora con trattamenti sistemici ma di contatto (poltiglia bordolese: rame e zolfo), e non si fanno diserbi. Nessun controllo delle temperature in cantina, no filtrazioni né stabilizzazione se non per decantazione naturale, questo anche a rischio di fermentazioni spontanee e arresti di fermentazione; nessun lievito estraneo per facilitare la fase fermentativa delle uve ma i lieviti sono solo quelli presenti sulla cuticola (buccia dell uva); neanche a pensarlo, nessuna pratica di acidificazione o disadicificazioni e aggiunta di mosti concentrati. Nonostante il Trebbiano sia un vitigno altamente produttivo le rese per ettaro sono gestite al massimo per l’ottenimento della maggior qualità possibile. Invecchiamento in botti grandi.
L’ordine di degustazione della serata invece è stato di taglio classico progressivo dalle annate più vecchie alle più recenti il che non ha escluso comparazioni incrociate e confronti retroattivi all’interno dei “decenni” inclusi in ognuna delle 3 batterie.
La disponibilità di coscritti al ristorante L’Antico Torchio dentro il Castello Chiola era limitata a non più d’una ventina di posti immediatamente accaparrati fin dal lancio della serata da fedelissimi provenienti da ogni angolo d’Italia: Catania, Palermo, Milano, Torino, Arezzo, Roma, Giulianova.
Già in questo articolo: Az. Agricola Valentini Trebbiano e Montepulciano da un Frammento d’Abruzzo alla Totalità dell’Universo proponevo un’anticipazione generale dei ragionamenti polifonici e della chiacchierata in calorosa amicizia innescata da e sul vino, il vitigno, le annate ma soprattutto riguardo argomenti correlati assai più ampli o d’ordine cosmico quali: stagioni-territorio-identità-persone-artigianato-letteratura-economia-agricoltura-società-tradizioni e Abruzzo Abruzzo Abruzzo… a sfinimento!Il senso più segreto di un luogo è riportato alla luce in un vino attraverso lo scambio di comprensione e di reciproco ascolto tra gl’artigiani della terra e le piante. Abbiamo quindi provato a raccontare nei calici la visione, la ragione e il sentimento delle seguenti 13 annate di Trebbiano ed è senza dubbio una visione di lotta aspra, una ragione di fatica e un sentimento di gioia giornaliera che è poi anche fusione mitologica tra Valentini, il Trebbiano e una parte d’Abruzzo in quanto cortocircuito geografico di montagne (Majella, Gran Sasso, Balcani), boschi, pascoli, mare, brezze calde dall’Africa, aria gelida balcanica, correnti siberiane. La ventilazione è costante, le escursioni termiche invece sono fondamentali sia alla ottimale maturazione dei grappoli che alla preservazione degli aromi e non sono soltanto stagionali queste escursioni ma avvengono anche drammaticamente dal giorno alla notte.Possiamo considerare Valentini una sorta di stazione metereologica preziosissima dell’andamento delle annate di ogni singola e singolare vendemmia. Qui, fatto raro in tutta Europa, ci sono in archivio quaderni di appunti climatici a partire già dal 1817, per cui sappiamo che la vendemmia del Trebbiano fino al 1960 avveniva sempre la seconda meta d’ottobre (nessuna variazione notevole) dopo il 1960 le vendemmie hanno cominciato ad anticiparsi fino agli ultimi drammatici 20 anni sicuramente a causa dell’effetto serra. Dovere politico e morale dell’agricoltore quindi è quello di informare il mondo del cambiamento climatico anche se a contrasto diretto dell’urgenza commerciale. Tante sono le incognite provocate dal surriscaldamento globale come ad esempio la scissione della maturazione zuccherina delle uve (il calore) da quella fenolica (la luce).
Ciò che si oppone converge e dai discordanti bellissima armonia.
(frammento di Eraclito traduz. Angelo Tonelli)
Su questo punto della maturazione delle uve il tendone a pergola abruzzese (a corto raggio) ha la sua specifica ragion d’essere perché in questo caso l’uva matura per illuminazione riflessa e non diretta che piuttosto cuoce più che far maturare, oltre a mantenere un rapporto decisivo tra linfa, foglia e frutto a distanza ideale dal terreno che è per contrasto molto caldo e fertile con venature sabbiose ad assicurare un buon drenaggio delle acque le quali quindi poi non ristagnano provocando marciumi e muffe indesiderate che costringono spesso tanti viticoltori a fare trattamenti coi fitofarmaci e altre porcherie vendute dall’industria enologica sciacallesca.
Ci siamo innanzitutto avvinati la bocca con il Trebbiano di Valentini sfuso d’annata.
Per la cena queste invece erano le quattro prosposte del Ristorante L’Antico Torchio:
- Polpo brasato su patata soffice profumata al limone
- Gnocco nero alle vongole veraci in emulsione di acqua di mare pepata
- Baccalà al latte aromatico con ceci al coccio e cima di rapa
- Selezione di pecorini abruzzesi
Qui di seguito intreccio fra loro delle impressioni, le note di degustazione e i punti di vista di alcuni dei singoli “assoli” presenti al canto della serata corale:
- Giovanni Carullo
- Giulio Molisani
- Flavio Rossi
- Marzia Pinotti
Un serata polifonica che, ognuno col timbro della sua personalità e colore di voce, mi piace introdurre con questa premessa:
Eccoci qua riuniti finalmente attorno a questa tavolata.
È molto semplice che una serata del genere possa uscire fuori come una sorta di seduta spiritica o una specie di sessione psicoanalitica in cui l’anormale o il deviante da psicoanalizzare è il vino o noi stessi che lo beviamo spesso con approccio molte volte troppo serioso, cerebrale e feticista.
Partiamo subito dal rompere questi schemi. Il vino è un bene di consumo, un nobile prodotto della terra quando anche il contadino e l’agricoltore che la lavora è motivato da intenti altrettanto nobili oltre alla sussistenza della sua economia domestica e familiare. Non stiamo salvando la vita di nessuno, è un prodotto che sollecita piaceri e gioie o scatena tristezze e malinconie ma non è una necessità primaria di sussistenza così come l’acqua, il pane, l’ossigeno che respiriamo per restare in vita. (gae saccoccio)
Giovanni Carullo
• 1983 [Grande annata. Uva perfetta al momento della vendemmia]
• 1988 [Annata difficile, piovosa con grandine a maggio e giugno e diverse patologie (ragno rosso). Giallo vivo dorato consistente. Incarto, zolfo, pietra focaia. Di corpo medio, meno sapidità rispetto alle altre e meno freschezza. Al limite dell’armonia. 12,70% e 5,77 acidità]
• 1990 [Il 1990 ha avuto un inverno siccitoso, le vigne si risvegliarono in ritardo. L’annata attraversò molte difficoltà, con attacchi di ragnetto rosso a maggio, poi giallume e tignola a giugno, e in agosto una forte grandinata. La vendemmia fu piuttosto precoce, iniziando il 23 settembre, ritenuta precaria allora ma risultata poi ottima negli effetti, con un vino per i canoni “valentiniani” molto ricco, dotato di 13% di alcol (un record) ma supportati da acidità elevata (6.20). Mandorla, vegetale, interno della canna di totora o bambu freschi. Strutturato e poco elegante con freschezza e spiccata sapidità. Molto piacevole]
• 1993 [Annata siccitosa]
• 1995 [Annata potente]
• 1997 [Molto buona]
• 1998 [Inverno freddo e piovoso, con un risveglio vegetativo in anticipo, e un maggio piovoso, con acqua persino nei mesi di giugno e luglio. Meglio il proseguo della stagione, che portò a vendemmia tra settembre e ottobre, mentre si avvertivano i primi attacchi di botritys cinerea. Buon naso ma poca acidità e sapidità. Vino non longevo]
• 1999 [Annata fra le più piovose in zona. Vendemmia programmata e rimandata di continuo e con perenne minacce di peronospera. Vendemmiato con tasso malico altissimo]
• 2000 [Piccola annata, mediamente piovosa e con poca luce]
• 2001 [Una delle poche annate ottime sia per trebbiano che montepulciano (come la 1992). Armonico seppure meno incisivo per alcuni versi ancora un po’ spigoloso]
• 2005 [Ultima annata realizzata da Francesco Paolo insieme al padre Edoardo]
• 2007 [Annata torrida e un agosto rovente durante il quale la colonnina del termometro ha segnato anche 45 gradi (raggiunti esattamente il 28 di agosto come ricorda il produttore medesimo). Condizioni estreme che hanno costretto Francesco Paolo ad intervenire con cisterne d’acqua, non usando irrigazione, per salvare le piante. Il risultato è stato un frutto dalle caratteristiche anomale, con alta concentrazione zuccherina e alta acidità dovuta al fatto che le uve sono rimaste acerbe. Uscito sul mercato sia dopo la 2008 che la 2009. Vendemmia 31 agosto]
• 2008 [Annata parecchio difficile. Temperature invernali alte, risveglio vegetativo anticipato, 5/6 grandinate, attacchi di Oidio e Peronospora. Praticamente, in vendemmia si è raccolto solo il 50% del totale. Vendemmia 8 settembre. Glutammato monosodico e buccia di fava. Petillant]
Giulio Molisani
Serata piovosa. Il posto, questo castello è bellissimo sia dall’esterno che all’interno varcando l’ingresso come se io e il mio amico fossimo due imprenditori in viaggio d’affari. A sminuirci l’apparenza e a farci capire che siamo solo due viandanti dell’enogastronomia: il nostro abbigliamento. A rincuorarci però c’è la barba di Gaetano. Una barba che segue i suoi movimenti nell’approcciarsi a noi dato che non ci conosciamo o forse si? Movimenti, parole e barba che ci mettono subito a nostro agio, insieme alla dolce schiettezza di Graziana e la semplice disponibilita di Giovanni, i padroni, solo in questa circostanza, di casa. Casa o forse meglio di questo imponente castello che “puzzecchia” – senza offesa per nessuno – d’aristocrazia decaduta, con tocchi di design misti a spade e loghi medievali. Gli altri ospiti si tranquillizzano e si sciolgono come noi. A rinfrescarci un trebbiano sfuso di Valentini, il produttore protagonista della serata oltre che protagonista da decenni del panorama vitivinicolo tanto abruzzese che italiano, da bere con il bicchiere “da passatella” cosi come si racconta che venisse offerto appunto nella loro cantina. Noi lo beviamo al calice, non si trovano piu i bicchieri da passatella quelli da 11 cl con cui si riuscivano a fare 6 bicchieri esatti con una bottiglia da 66 di birra e che spesso usiamo ancora nelle nostre dimore contadine per il vino di casa. Non è un vino da naso, già lo sapevo, ma da bere a tutto pasto. Bella acidità e giusta beva. Ci sediamo e ci spiegano in poche parole che non sarà una degustazione tecnica ma “animale”, fatta ognuno con la propria anima e in nome del convivio passionale. Le annate 12 barra 13 in quanto un’annata aveva un piccolo sentore di tappo e subito è stata aggiunta un’altra annata. Giovanni ci descrive le annate, prendendo spunto direttamente dai quaderni di campagna della famiglia Valentini per aiutarci a capire l’aspetto climatico dell’annata. I vini sono tutti dei Trebbiano d’Abruzzo: clone ”Valentini”.Un discorso a parte. Cominciamo con la 1983 nel decanter data l’annata. Colore giallo dorato/ambrato, ovviamente ossidato. Ci mancherebbe: 33 anni! Abbastanza complesso e le note marsalate prevaricano su tutto sia al naso che in bocca. Un vecchietto con cui parlare, a cui portare rispetto. Una piccola vena acida sembra tenerlo ancora in vita.
1988: leggero sentore di tappo. Non sono abituato a bere vini bianchi fermentati e affinati in legno come fanno in Borgogna dato che in italia lo fanno sempre, o quasi, male. Mi aiutano alcune persone al tavolo che degustando ad alta voce mi fanno avvicinare meglio al vino, nonostante io sia un sommelier al secondo livello. Ma con questi vini non credo serva a molto la terminologia ais. Giallo dorato con riflessi ambrati, complesso e si nota una speziatura dolce di vaniglia. Abbastanza armonico ed equilibrato peccato per il tappo. 1990 si avverte gia dal colore che c’è un cambio di passo. Svanisce il riflesso ambrato e il giallo dorato si evince nitidamente. Al naso è fluido, preciso, complesso. Speziatura di frutta secca e bella mineralità. Equilibrato e maturo. Un vino armonico e qui si capisce che l’artigianato supera l’industria.
1993 un ragazzo affianco a me mi fa riconoscere il sentore di salamoia che secondo lui che è piu esperto di me, contraddistingue i vini di Valentini e io gli credo. Un altro gran bel vino. Elegante.
1995 bella acidità e beva. 1997Spezie doci. Mi si comincia a bloccare il naso. Assuefazione da trebbiano in legno.
1998 elegante, rustico, pietra focaia e mineralità spiccata. Armonico.2000 il vino che mi è piaciuto di più in tutta la serata. Movimentato, con qualche difetto. Botte vecchia? Noto davvero l’artigianalità del prodotto. Scalcia nel naso. Profumi terziari a go-go dalle spezie, all’etereo quasi idrocarburo, per poi placarsi e ricominciare. Bella acidità, abbastanza equilibrato ma mi piace nella sua imprecisione. Lo immagino questo dentro una botte dei primi del novecento che non sa cosa fare, come trasformarsi e poi continuare a scalciare dentro una bottiglia per un altro decennio.2001 n.c.
2005 n.c.
Mi sale l’alcool e ho fumato gia due sigarette. Sono un coglione!2007 già bevuto 3 anni fa dove lo trovai giallo dorato con riflessi verdolini, bella freschezza, ma un legno non ancora del tutto amalgamato, troppo prevaricante. Nonostante tutto mi rimase in bocca fino al giorno dopo. Questa sera lo trovo diverso. Il legno non lo sento più cosi tanto, ma il vino sembra piu fiacco, come se stia dormendo. O forse dormo io!?
2008 n.c.
Devo riportare la macchina e lo faccio bere al mio amico il buon Fabio. Serata molto bella all’insegna dello stare insieme solo perché accomunati da una passione o forse sono di piu le passioni che ci accomunano? Stiamo combattendo o ce la stiamo spassando? Non lo so. Ci stringiamo le mani tra un caffè e una grappa alla genziana fatta in casa aspettando di rincontarci di nuovo, non sapendo né dove, né quando, ma solo che ci rincontreremo. Con affetto GiulioFlavio Rossi
Verticale, questo è sempre stato per me il Trebbiano di Valentini: una parete verticale da scalare con fatica, sacrificio e dedizione. Una via per una vetta che non sempre riuscivo a raggiungere, non per colpa del vino ma per i miei limiti.
Occorre superarli i propri limiti per capire questo capolavoro, non ti regala niente. Si concede solo dopo un lungo e serrato corteggiamento, non è mai amore a prima vista.
Verticale: “Che ha la direzione del filo a piombo, che è perpendicolare a un piano orizzontale” oppure “che si articola dall’alto in basso da un livello superiore ad uno inferiore o secondo una determinata successione di valori o di fasi”.
Ecco, niente di tutto questo. Qui non c’è nulla di logico, nessuna causa-effetto, niente di scontato.1983
Dici ossidazione e pensi subito che lo stai banalizzando questo vino sublime ed elegantissimo, intriganti sentori di fico, albicocca disidratata, frutta secca e tostatura.
Acidità imponente e rinfrescante, sapidità marina lo tengono vivissimo e te lo fanno amare. Consolatorio monumento.
1988
Note ossidative più leggere del primo, affumicatura, cenere
Punta a oriente per le spezie dolci, il dattero e il ricordo molto vicino del tempo dello yuzu candito assaggiato da Cedroni a pranzo. Sorrido.1990
Questo non è un vino normale, potrei anche chiudere qui perchè è così fottutamente buono che quasi ti ci arrabbi. Spesso ci autoflagelliamo pensando ai cugini francesi ma qui non c’è autolesionismo e autocompatimento che tenga.
Alla cieca manderebbe al tappeto molti cugini borgognoni e ad altri si accompagnerebbe con gioia: affumicatura, lime, camomilla, incenso, frutta esotica, mare ed eleganza infinita.
Fuori scala, semplicemente inarrivabile.1993
Meno imponente e più sottile del suo illustre predecessore (il 1990) ma è un condensato di Valentinità: salamoia, sentori marini, camomilla e freschezza di agrumi da vendere.
Fantastico, da berne a litri!
1995
Pulito, netto e chirurgico con una bellissima tensione olfattiva e una beva straordinaria.
Salamoia e mandorla, fumo di camino e pini marittimi
(questo sì) verticale.1997
Enigmatico e silente, con una leggera nota smaltata e un calore evidente.
Finale leggermente amarognolo
Piacevole ma ostico.
1998
Ecco lo sapevo, lo sapevo che mi fregava. Già sbrodolante e rapito per il 1990 mi arriva questa mazzata, perchè di mazzata si tratta.
Un’entrata a gamba tesa di Paolo Montero (Gae non me ne volere) quando sei ormai tranquillo e beato a crogiolarti nelle tue effimere certezze.
Vino maestoso e complesso, una sinfonia che gioca tra dolcezze, spigolosità e fascino marino oltre a ricordarmi in un attimo di lucidità (o demenza) il divino Coche-Dury (bum! polvere da sparo).
Come scrive il buon Chinasky: “Alcuni non diventano mai folli, i loro vini devono essere noiosi”.
Follia al potere.
1999
Tappo, ingiudicabile.2000
Erbaceo, sottile e sapido. Non lunghissimo e con una leggera nota metallica.
2001
Potente e muscolare con note di miele, frutta esotica e affumicature. Balsamico.
Quasi ingombrante per complessità e impatto bocca/naso.2005
Vino d’erba e mare, Sua Mediterraneità. Menta, timo, prato in fiore, pino marittimo e macchia mediterranea.
Impatto nasale da knock out, satura, inebria e conquista.
Mirabolante.
2007
Indecifrabile, esile e silente, ti tiene a galla in superficie senza mai darti la possibilità di andare in profondità.
Algido.
Marzia Pinotti
[infine, che della medesima serata ne ha già scritto diffusamente nel suo scrupoloso blog Vite in Fermento: Olive, Mare e Vento del Nord]
I quartetto: la serie dei “vini del Nord”, che risentono delle altitudini della Majella e del Gran Sasso quanto a profumi, acidità e mineralità.
1983: smalto e crema pasticcera, erbe e menta, un Marsala d’altri tempi, ricco e sontuoso. Il Vino del Sogno.
1988: idrocarburi e nota candita. Un vino del nord.
1990: erbe aromatiche e nocciola tostata. Caldo, morbido: è secondo me il più allineato ai canoni di oggi, il classico vino che viene universalmente riconosciuto un “grande vino”.
1993: il vino che presenta il maggiore equilibrio in bocca, anche se rispetto al precedente è un vino molto più esile. Forse per questo motivo elegantissimo. Avvolgente e al tempo stesso salato, minerale.II quartetto: la serie dei “vini del mare”, salmastri e salati. Invecchiando, hanno tutti in parte perso la loro natura di oliva franta e in salamoia che si notava appena dieci anni fa.
1995: vino potente, ricorda un po’ il 1990, ma presenta molto meno rigore, un po’ spettinato, tra l’intrigante e il salmastro.
1997: molto buono, più composto del precedente, ma con uno spettro meno ampio di profumi.
1998: sentori tra il floreale e l’agrumato, emerge con prepotenza sopra le erbe aromatiche il bergamotto
1999: il più estremo, quello che maggiormente sfida le convenzioni e tutte le nostre certezze. Salmastro, chiama la vongola, la cerca. E’ un’ostrica in bottiglia.III quartetto (che in verità è un quintetto): la serie dei “vini in salamoia”, i vini di Valentini che conosciamo. Spettro di profumi contenuto, ma coerente e riconoscibile.
2000: (n.d.)
2001: nocciola tostata, crema e carciofo, profumi freschi e vegetali ben integrati a sentori più dolci e avvolgenti
2005: tra il Mediteraneo e il floreale, grande compostezza ed equilibrio.
2007: nota salmastra molto evidente e caffè tostato un po’ spiazzante e, a mio avviso, non gradevolissimo.
2008: una spremuta di olive dolci e salate con una leggera effervescenza percepita sulla punta della lingua, ancora un bambino..