Colpiscine cento per educarne uno!
(Anonimo itrano)
Dio è ingiusto perché ha reso l’uomo incapace di sostenere l’effetto della coca per tutta la vita. Avrei preferito avere una vita di soli dieci anni ma con la coca, piuttosto che una vita di 10 000 000… – e qui continuerei ad inserire una linea infinita di zeri – secoli senza coca.
(Paolo Mantegazza)
LE 50 MIGLIORI PASTE DI COCA DEL SUD AMERICA
Finalmente come ogni II o III settimana di settembre anche quest’anno la PabloAtlas Escobari Strisciorum rende nota al pubblico la sua pregevole lista dei 50 migliori produttori di pasta da coca del Sud America.
Ora, tra il grigiore e lo spleen metropolitano delle nostre vite disagiate che si scandiscono a ritmo squalificante e a forza di lavori impiegatizi malpagati dentro sistemi d’ufficio carcerari. Tra esistenze miserabilmente squallide che si misurano a siringate d’ore quotidiane d’imbottigliamento nel traffico e a sniffate di smog; a inalazioni di stress da trappola per topi nei formicai umani su strade urbane, su mezzi pubblici, su aerei che schiantano al suolo, su treni in ritardo… chi è insomma che in tutto questo marasma planetario per tirarsi un po’ su, non ha mai strozzato uno shottino medicinale ghiacciato comme il faut del Vino Mariani tonico a base delle migliori foglie di coca del Perù?
Non credo al giorno d’oggi sia più un segreto per nessuno come dalla lavorazione delle foglie di coca si procuri una sostanza alcaloide dalla quale, a partire dal trattamento di sintesi quindi dal processo d’estrazione prima e purificazione poi, si ottengono variegate e simpatiche sostanze stupefacenti quali cocaina idrocloride, freebase, crack etc. che procurano esaltazioni illusorie dell’ego, megalomania infoiata, gioia vorace ma fasulla, depressione perenne acuta, impotenza sessuale, allucinazioni, danni permanenti al cervello, patologie comportamentali, grave dipendenza del corpo e deleteri disturbi della psiche.A parte i ben noti studi di Freud sull’argomento, rimando ad un titolo di quel meraviglioso personaggio che fu Paolo Mantegazza (1831 – 1910) monzese DOC, scienziato geniale, fisiologo, esploratore a metà tra il medico, l’antropologo e lo stregone filosofo: Sulle virtù igieniche e medicinali della coca e sugli alimenti nervosi in generale [qui il link al libro su Scribd].
Dalle ridenti piantagioni e coltivazioni di Perù, Colombia, Bolivia, Ecuador, Brasile, Cile si produce la pianta (Erythroxylum coca) dalle cui foglie attraverso un complesso procedimento d’estrazione chimica si ricava l’alcaloide cocaina. Ci sono almeno 6 raccolti l’anno. La produzione della pasta di coca (paco, basuco, oxi) che si ricava da queste foglie è principalmente artigianale – nonostante l’invasività dei massicci gruppi industriali che – complici Monsanto/Bayer appena fuse in una sola entità leviatanica – spendono in tonnellate d’erbicidi e spandono glisofato vaporizzandolo dagli elicotteri su ettari ed ettari di piantagioni a discapito dei più poveri, piccoli, oppressi e onesti contadini Arhuaco, Aymara, Kogi o Wiwa che, provando a resistere ai colossi, coltivano le loro meravigliose piante con sforzi amorevoli, accortezza verso la sostenibilità ambientale, cura scrupolosa del terroir allo scopo di produrre la maggior qualità naturale possibile della materia prima di partenza, cioè le foglie di coca medesime.È proprio questa perizia d’estrazione artigianale, tramandata per generazioni di coltivatori da padri in figli a fare la differenza finale sulla trama del sapore deciso, il colore vivo, l’odore netto, la consistenza sottile, la persistenza durevole dunque la resa in quintessenza qualitativa del prodotto finale cioè l’alcaloide cocaina in tutte le sue versioni a maggiore o minor contenuto di purezza sballante. Per produrre 1 kg di pasta da coca sono necessari tra i 100-150 kg di foglie secche. Ogni produttore custodisce con gelosia le ricette private di famiglia. Tutti i clan dei produttori mantengono in vita la propria tecnica di lavorazione ereditata dai padri e dai nonni; procedimenti e dosaggi segreti con cui le foglie, una volta strappate dai rami e fatte essiccare, vengono poi spezzettate quindi mischiate in una soluzione liquida per poco meno di una settimana al fine di ricavarne un precipitato ottenuto da macerazione.
Questa mistura avviene in contenitori appropriati assieme ad acqua e carbonato di sodio a cui si aggiunge successivamente un solvente d’elezione il metil-isobutilchetone (MIBK) ma anche, in alternativa, acetato di etile e acetato di n-propile, cherosene, benzina, acetone. Come ben sanno i nostri contadini più intellettualmente onesti, essenziale alle caratteristiche organolettiche inerenti al gusto del prodotto finale trasformato sub specie di polvere e di cristallo, è anche il tipo di materiale del contenitore usato: terracotta, acciaio, vetroresina, cemento, plastica, piuttosto che legno di mango o noce del Brasile. A seconda del tipo di contenitore cambia nella sostanza e non di poco, il risultato materico e il sapore finale che si vuole ottenere. Non tralasciamo poi di notare in aggiunta a ciò, la maggiore/minore purezza del MIBK (o cherosene etc.) che serve a rendere solubili gl’alcaloidi dalle foglie in fase di macerazione. Gli alcaloidi successivamente, con l’utilizzo di acido solforico diluito, vengono separati dal solvente, cherosene o altro che sia, e questa è la fase cosiddetta del solfato di cocaina.Dunque separati solvente e acido solforico (o acido cloridrico come nel caso delle foglie Boliviane a più elevato tasso d’alcaloidi), gli alcaloidi vengono fatti sciogliere grazie a dell’ammoniaca diluita.
Ovviamente, non è retorica ripeterlo, ma resta centrale il discorso della massima purezza di questi processi e della qualità estrema dei prodotti utilizzati lungo il percorso produttivo. Dosaggi d’elementi accuratamente attivati ognuno con proprie specifiche reattive, mischiati assieme allo scopo di raggiungere il livello comunque elevato di una più o meno buona composizione d’impasto. Ecco che allora subito dopo il delicato fenomeno di filtrazione finale dell’estratto, la grezza e preziosa pasta di coca è ormai definita, pronta all’uso per altrettante operazioni di raffinazione ulteriore. Altra fase imprescindibile dell’intero processo è l’essiccazione al sole della pasta di coca che è una miscela compatta di: cocaina, cis-e trans-cinnamoilcocaina, tropina tropa-cocaina, igrina, cuscoigrina, ecgonina, benzoilecgonina, metilecgonina, isomero di truxillina, acido benzoico e tutta una serie infinitesimale di cere vegetali solubili.Da questa materia basica stupefacente (in tutti i sensi) attraverso processi clandestini di purificazione dei cristalli eseguiti sui modelli tradizionali e i parametri scientifici dell’industria farmacologica, si ramifica tutta la produzione planetaria di crack, free-base e cocaina pura a scaglie (flake cocaine) che troviamo sui maggiori mercati e le migliori piazze del mondo. Prodotti destinati all’assunzione per essere fumati o per inalazione dei vapori. Pronti all’uso per iniezione venosa ed abuso intranasale.
A breve pare che, dopo pressioni ed ennesime richieste a spron battuto dalle dogane internazionali, avremo finalmente le certificazioni di coca biorganic e coca gluten free sui prodotti a Denominazione d’Origine Protetta, Controllata e Garantita come è certamente il caso dell’elenco dei 50 migliori produttori di pasta da coca che segue. Altro bel capitolo scottante da approfondire, magari alla prossima occasione, è proprio quello che concerne la determinazione dei prezzi ovvero la filiera commerciale innescata dalla materia prima al prodotto trasformato. Le speculazioni mercantili sono come al solito dettate dalla dura lex della domanda e dell’offerta ad alto rischio di strozzinaggio e sopruso economico sempre a vantaggio dei Signori del Cocco avversando però i più sfruttati contadini, promotori effettivi della filiera produttiva dal ciclo intensivo che parte dalla foglia arrivando alla pasta di coca fino alla cocaina ed altre sostanze da essa derivate. Uno sfruttamento finanziario di partenza che origina dal ridicolo costo di produzione sorgente e che passaggio dopo passaggio all’ingrosso, intermediato da troppe mani – dai cartelli del narcotraffico allo spacciatore tossicodipendente da due soldi del quartiere -, raggiunge poi però le vette folli dei costi di vendita al dettaglio fin giù alle tasche sfondate cioè fin su alle fosse nasali del consumatore tossico finale.Qui sotto quindi la lista annuale dei 50 migliori laboratori a conduzione familiare clandestini di lavorazione delle foglie selezionate a rese basse per ettaro, purificazione del raccolto, blocco e fissaggio d’ossidazione della cocaina base. Ma purtroppo per chi legge, tutti e cinquanta questi nomi sono stati prontamente criptati dall’Intelligence caraibico NCUL (Nacional Central Universal Liberación). Al momento il codice di decrittazione è proprietà intellettuale del gruppo STRÜNZ di Julian Paul Assange che rimanda però misteriosamente a questo WikiLeaksGif.
LA CLASSIFICA DEI 50 BEST COCA PASTE AWARDS
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