Villa Aurelia, sommità del Gianicolo lungo le Aureliane mura, proprietà dell’American Academy: tra gl’immobili più astonishing del pianeta terra. Ovidiana serata di fine settembre, l’Ovidio dell’Ars Amatoria. La falce della luna rischiara l’Urbe giù in fondo che pulsa e rimbomba in lontananza come stella morta già da milioni di anni: è proprio la Città Eterna, eternamente assopita ed avvolta in una foschia di polveri di travertino (e chissà quali altre polveri stupefacenti…), rovine capitoline, speranze augustee o disperazioni pulviscolari e smog ancor più eterno. Un solo sorso di questo ultra-rarissimo Milton Duff (la numero 12 di sole 240 bottiglie!) e palato ed esofago sembrano quasi smaterializzarsi del proprio impaccio carnale; in un dito mignolo cioè di questo single malt da 49,5 gradi alcolici, dal complesso pre-gusto olfattivo al balsamico, mentolato retrogusto in bocca, paiono scorrere backwards and forwards senza tregua come la sgranatura d’un rosario intrecciato con infinitesimali galassie al bouquet di tabacco, torba, miele, fieno, fiori autunnali, fichi secchi, menta, cuoio bagnato… che paiono esprimere la sintesi quintessenziale dei quattro, presocratici elementi fondamentali: acqua, terra, aria, fuoco. Figurati poi ad accompagnarlo con un partagas culebras dalla combustibilità e tiraggio inimmaginabili vista la forma irregolare (quei bizzarri sigari cubani cioè tutti storti ed intrecciati tre alla volta).
Nessun dubbio se, come Noè fossimo costretti a scegliere cosa o chi salvare dal naufragio: cassa di Milton Duff 1964 (e chi te la passa?) o opera (???) inedita della Rowling, la più hollywodianizzata dei Paperon de’ Paperoni tra gli scrittorucci di massa… mors tua globalizzato Harry Potter, vita eterna al Milton Duff!