Staccare la spina!
Spleen
…un popolo muto di infami ragni
viene a tendere le sue reti in fondo ai nostri cervelli
[…un peuple muet d’infâmes araignées
Vient tendre ses filets au fond de nos cerveaux]
Charles Baudelaire, Les Fleurs du mal (1857-1861)
Quei ragni infami oggi sono tutti i mezzi d’informazione condizionati dall’interesse economico, incoraggiati dall’onnipotere mediatico attraverso cui i monopolisti della tecnologia controllano questi stessi strumenti di comunicazione che confondono di proposito l’immaginario della gente comune allo scopo di attuare una disinformazione a tappeto sempre più totalizzante, radicale, diffusa.
È questo un ragionamento pretestuoso che affonda le sue radici fin nei meandri della storia. La commistione di Potere e Informazione procede di pari passo con l’evoluzione dell’uomo, cioè col controllo delle coscienze dei molti da parte dell’esercizio di manipolazione dei pochi; gli antichi romani insegnano, vedi il saggio splendido di Paul Zanker, Augusto e il potere delle immagini.
Non c è nostalgia più amara di quella per un passato che non abbiamo mai vissuto. È un’utopia rovesciata. La nostalgia per origini mai avute. Eppure tendiamo quasi per propensione genetica a idealizzare il passato, a mitizzare un’età dell’oro che probabilmente non è mai avvenuta. Siamo organismi mitizzanti, smetteremmo anche di respirare senza l’adorazione irrazionale di miti e nostalgie delle origini. La nostalgia di ciò che non è stato è ancora più straziante, più penosa di quella per ciò che mai sarà.
Staccare la spina è il solo rimedio per salvarsi dalla disinformazione radicale con cui manipolano i nostri sentimenti, umori e pensieri. Può suonare paradossale e difatti lo è, che inviti a staccare la spina dalle lusinghe del digitale mentre sto a spina attaccata, proprio qua ora su internet da cui persuado, me stesso per primo, a sfuggire.
Eppure sarebbe da staccare Internet, definitivamente. Spegnere radio e TV che trasfigurano i fatti in una bolla d’irrealtà tanto gigantesca quanto grottesca. Rifiutarsi di buttare anche solo per sbaglio lo sguardo sui giornali di tutto il mondo i cui proprietari alla fin fine non sono che magnati dell’informazione, cioè padroni dei giornalisti da loro stipendiati esattamente per disinformare a prescindere, spesso ancora più insidiosi quando dissimulati dalla maschera del giornalismo libero e indipendente. Bestie da soma a servizio dell’industria culturale o dell’inserzionista di turno. Pinguini del circo equestre informatico, addomesticati a simulare gesti ed espressioni come scimmie allo zoo. Programmati per ripetere notizie false e opinioni deformate a pappardella meccanica tipo pappagalli. Pachidermi di pubblicisti edotti a mestiere per snocciolare le squallide verità a pagamento del loro addomesticatore del momento, tanto a questo si è ridotto ormai il ruolo dei giornalisti, dei giornali e dell’editoria nel mondo contemporaneo. Miseria umana. Vergogna professionale. Devastazione morale.
Sarebbe da spegnere tutto insomma, tornare a ruminare i versi dolci e amari di Baudelaire con occhi liberi, mente purificata; è questo il solo invito plausibile a pensare con la propria testa, a riappropriarsi della propria vita offuscata, della propria perduta capacità di leggere se stessi, gli altri esseri umani e il mondo.
…un popolo muto di infami ragni
viene a tendere le sue reti in fondo ai nostri cervelli