C’è tutta una tradizione spirituale e filosofica sia in Occidente che in Oriente indirizzata ad una sorta di mistica del silenzio. Da Laozi a Sant’Agostino da Pirrone lo scettico a Nietzsche e Wittgenstein fino alla prescrizione – nei saecula saeculorum – costrittiva, cupa, ossessionata, quasi minacciosa del silenzio osservato dai monaci di clausura. Il Grande Silenzio è per l’appunto anche il titolo di un bellissimo documentario di Philip Gröning del 2005 che ritrae la quotidianità di alcuni certosini nel monastero della Grande Chartreuse sulle alpi francesi vicino Grenoble.
Giorni fa ad una serie di commenti e commenti dei commenti innescati a cancrena esegetica da un mio post di facebook su un libro inutile eppure letto da milioni di persone, un amico virtuale mi stimolava – forse a torto forse a ragione – sui temi robusti dell’osare, del sapere, del potere e del TACERE. Ho subito pensato che l’argomentazione sbrigativa per quanto scaturita su una piattaforma futile e spiccia qual’è Facebook, per quanto asciutta e mordi-e-fuggescamente argomentata custodisse in sé la stessa dose di ragione quanto di torto, infatti pensavo – lo penso tuttora – che poter tacere – sospendere qualsiasi opinione, impressione, punto di vista, giudizio – sia sempre più un’impresa titanica, una destinazione inarrivabile nell’epoca nostra della frastornante comunicazione di massa in cui tutti si parla e sparla uno in sovrapposizione dell’altro e comunque alla fine dei conti, per non dir nulla di così sostanzioso; l’era digitale dell’indicizzazione impazzita su Google, delle notifiche di Twitter propagate quasi alla velocità del suono nello schiamazzo dei social quale rumore assordante di fondo, campo magnetico sonoro perenne ad ovattare le nostre vite quotidiane di cellophane; un rumore bianco (White Noise) cui tutti comunque si partecipa e che si subisce come un sopruso necessario anche supponendo di non parteciparne, standosene zitti e muti in disparte. Quanto detto fin qui crediamo riguardi solo il frastuono acustico, ma del Big Bang visivo a cui siamo ossessivamente sottoposti ogni giorno dallo schermo del pc ai milioni di cartelloni pubblicitari per strada agli sponsor video-animati? Del rombo di immagini che ci assordano la vi(s)ta che ci bombardano a sangue i bulbi oculari – armi di distrazione di massa – vogliamo parlarne o meglio tacere appunto anche qui? Come osare quindi il silenzio oggi se non costringendosi ad uno stoico sordomutismo clinico ad un accecamento auto-indotto tanto per rivitalizzare la tragedia dell’Edipo re di Sofocle nella nostra standardizzata epoca della farsa globale?
Traduco una piccola recensione di Maria Popova su Brain Pickings che propone un testo di Paul Goodman su linguaggio e silenzio in difesa delle ragioni della poesia che credo non sia mai stato tradotto in italiano. Goodman è autore poco conosciuto dalle nostre parti disperso tra qualche coraggiosa piccola casa editrice resistenziale, noto forse per un libro degli anni ’60 ora più che mai attuale: Gioventù Assurda sul disadattamento, sul disagio di crescere nel labirinto sociale delle grandi metropoli d’America, che mi pare però non sia mai più stato ristampato da Einaudi fin dal 1971.
Paul Goodman e le 9 forme di silenzio.
“Devo imparare a tacere” così il giovane e risoluto André Gide nel suo diario. Ma che tipo di silenzio intendeva esattamente? Nel capolavoro del 1972 Speaking and Language, che è anche l’ultimo lavoro pubblicato in vita, il grande romanziere poeta drammaturgo e psichiatra del XX secolo, Paul Goodman – soprannominato anche: “l’uomo più influente di cui abbiate mai sentito parlare” – esamina nove possibili forme di silenzio.
“La voce di Paul Goodman è una voce autentica”, come avrebbe scritto Susan Sontag nel suo bellissimo elogio funebre una settimana dopo la morte di Goodman nel mese di agosto di quello stesso 1972. “Dai tempi di DH Lawrence non c’è stata nella nostra lingua una voce tanto convincente, genuina e singolare.” Nel suo squisito inno in lode al silenzio, pieno di ciò che Sontag definisce le sue “serpeggianti e pazienti spiegazioni nei meandri d’ogni cosa,” la voce di Goodman si riversa nei suoi più singolari riverberi.
Un esempio di quanto scrive Goodman:
“Non parlare e parlare sono entrambi modi umani di stare nel mondo, e ci sono ordini e gradi per ciascuno di questi modi. C’è l’ammutolito silenzio dovuto al sonno o all’apatia; il silenzio sobrio che si accompagna al volto di un animale solenne; il silenzio fecondo della consapevolezza, pascolo dell’anima, da cui maturano sempre nuovi pensieri; il silenzio vivo della percezione vigile, pronto a dire: “Questo… questo…”; il silenzio musicale che accompagna l’attività assorta; il silenzio di ascoltare un’altra persona parlare, trasportarla alla deriva per poi aiutarla ad esprimersi con più chiarezza; il silenzio rumoroso del risentimento e dell’auto-accusa, discorso forte, sottaciuto ma imbronciato da dire; il silenzio della perplessità e dello sconcerto; il silenzio dell’armonia pacifica con le altre persone e in piena fusione col cosmo.”
Un vero peccato che Speaking and Language sia da tempo fuori stampa [ripeto, credo mai tradotto in italiano], ma copie di seconda mano possono ancora esser trovate e la ricerca merita l’inseguimento, integrandola magari a questa affascinante storia delle origini e dell’evoluzione culturale del silenzio.
Sababatemtem… Silêncio!
Non fateci caso, esatto, l’immagine del video è una vera schifezza fantasy-kitsch ma non si trova altro in rete, chiudete quindi gl’occhi e godetevi questa perla musicale del 1963 scritta da Túlio Piva cantata da Elis Regina al suo terzo album [Orquestra Sob a Direção de Astor].
Silêncio! Atenção!
O Samba já tem outra marcação
Sababatemtem
Silêncio! Atenção!
O Samba já tem outra marcação
O pandeiro já não faz o que fazia
Violão só é na base da harmônia
Silêncio! Atenção!
Por que o Samba já tem outra marcação
A roda do mundo sempre vai girando
Vai girando sem parar
Tudo nessa vida se renova
A Bossa Velha deu lugar a Bossa Nova
O pandeiro já não faz o que fazia
E o violão só é na base da harmônia
Silêncio! Atenção!
Porque o Samba já tem outra marcação
A roda do mundo sempre vai girando
Vai girando sempre sem parar
Tudo nessa vida se renova
A Bossa Velha deu lugar a Bossa Nova
Silêncio, escute com muita atenção
O Samba já tem outra marcação
Silêncio! Atenção!
Porque o Samba já tem outra marcação
O Samba já tem outra marcação
E essa é a nova marcação
Eee, o Samba já tem outra marcação!