“La civiltà vuole che si auguri il buon giorno a uno che volentieri si manderebbe al diavolo; ed essere bene educati vuol dire appunto esser commedianti.”
Luigi Pirandello
Van Gogh a Palazzo Bonaparte. Arte e cultura come buffonata.
La mostra su Van Gogh (1853-1890) a Palazzo Bonaparte è indicativa del pessimo stato dell’arte e della cultura nel nostro paese. Arte e cultura svilite a management, vilipese a global business (sic), diventano maschere funeree da Commedia dell’Arte.
Arte e cultura in questa agghiacciante prospettiva di profitto rapace da industrietta culturale, spregevole lascito del berlusconismo/renzismo/salvinismo da farsa, sono diventati solo un pretesto per sbigliettare quanta più massa di gente, masticata e sputata via come i “clienti” delle sale gioco. Non è un caso che l’allestimento della mostra nel polo museale del Nuovo Spazio Generali Valore Cultura, sia tristemente identificato quale “asset”. Insomma l’Arte – come Pinocchio col Gatto e la Volpe – nelle grinfie di una compagnia di assicurazioni dove il Country Manager & CEO of Generali Italia and Global Business Lines, dichiara pirandellianamente, senza neppure sapere chi diavolo fosse Pirandello, tanto mica Pirandello serve a fare azienda?:
“Fare azienda in modo moderno vuol dire affiancare l’impegno verso i nostri 10 milioni di clienti con un impegno concreto verso le comunità. Questo per noi è essere Partner di Vita delle persone e in questa nostra ambizione si colloca l’apertura e la valorizzazione dei nostri asset come Palazzo Bonaparte: un bene che, grazie anche alla collaborazione di un operatore importante come Arthemisia, diventa un polo di sviluppo per la comunità.”
Le opere esposte alla mostra di Roma provengono tutte dalla collezione del Kröller–Müller Museum dell’Hoge Veluwe National Park di Otterlo (Olanda). Come nella mostra di qualche anno fa alla Basilica Palladiana di Vicenza, c’erano dei disegni di Van Gogh straordinari, ma anche lì l’allestitore era una specie di venditore di pentole con il tipico spirito filisteo del mercante in fiera veneto; un approccio schifosamente melenso all’arte e alla cultura, un buonismo viscido a metà tra zio Paperone e Nonna Papera.
La narrazione della “geniale follia” del pittore è sdoganata in un raccontino rassicurante e penosamente perbenista adatto a tutti: vecchi, giovani, donne, bambini.
Il ruolo dei musei dovrebbe essere quello di educare all’insolito, scuotere la coscienza, inquietare, stimolare allo studio, entusiasmare agli approfondimenti, aprire la mente alla ricerca e invece sono sempre più degli “asset” appunto, dei parchi divertimento a ore dove si svendono “il genio e la sregolatezza” un tanto al chilo.
Ho sempre più l’impressione che questo genere di mostre incentrate sul “maledettismo” dell’artista siano concepite in un’ottica di gioco infantile, protese ad un pedagogismo da quattro soldi e d’intrattenimento naïf, ad uso della maggioranza degli adulti trattati come bambini sviluppati poco e male.