Se si rimane abbastanza a lungo in un posto, ogni realtà diventa una grande finzione.
Tamara Kotevska & Ljubomir Stefanov
La terra del miele
Gli esseri umani, il paesaggio balcanico, le api. Non capita troppo spesso di uscire dal cinema commossi da tanta realtà incarnata nel volto verissimo di Hatidže Muratova.
Honeyland è un film macedone potente che in poco meno di un’ora e mezza sintetizza quattrocento ore di girato e tre anni di riprese da parte dei registi Tamara Kotevska & Ljubomir Stefanov, avventurati con una troupe ridotta all’osso – 4 operatori in tutto contando i registi – nei paraggi di Lozovo nella regione circondata dal fiume Bregalnica nella Macedonia centro-settentrionale.
Un’apicoltrice che cura sua mamma ottantacinquenne Nazife, donna malata a letto nella loro casupola di pietra desolata senza acqua né elettricità a Bekirlija, un villaggio abbandonato dalla fine della II Guerra Mondiale, sui monti attorno a Skopje; una prolifica famiglia di nomadi allevatori turchi che compromette l’equilibrio naturale delle due donne e delle api; non serve tanto altro per realizzare un capolavoro così sincero e poetico che documenti al dettaglio l’inettitudine tutta umana di convivere in armonia con i ritmi vitali, i frutti e la preservazione della natura.
Hatidže quando smiela durante l’estrazione dei favi dall’apiario, una parte del miele la prende per sé e l’altra la lascia alle api per evitare che volino via ad attaccare e colonizzare un altro alveare innescando così una maggiore ondata di squilibrio e di caos nella propria parte di universo.
Honeyland è un film struggente di rara bellezza visiva. Immagini e sequenze narrative dal possente valore espressivo che, più della lingua macedone o di quella turca parlata dai soggetti filmati, raccontano silenziosamente allo sguardo una storia semplice e antica quanto il mondo che ci ospita: la storia conflittuale della nostra innata ingratitudine, disarmonia e inadeguatezza di stare al mondo.