Interrogato a tappeto dai bambini sul perché del vino. Alcune delle domande cui sono stato sottoposto dai piccoli Matilde e Archimede. Al fondo della pagina virtuale, abbozzo dei tentativi di risposta in rosso all’interrogatorio dei bimbetti:
• Why kids can’t drink?
• How do you know if the wine is good or not?
Da Beirut a Roma Ostiense, la piccola Matilde e il piccolo Archimede mi sottopongono un questionario di spietata, potente e onesta semplicità.
Interrogativi a bruciapelo, domande crude, concise e complicatissime nella loro spontanea asciuttezza che scatenano questioni talmente elevate, inesauribili possibilità di ragionamento, argomentazioni progressive a perdifiato da suscitare senso di vertigine e mal di stomaco.Sono domande cristalline che spalancano un mondo di problematiche disarmanti, incertezze senza via d’uscita a cui – tentando anch’io d’esprimere in tutta onestà ma invano il mio sguardo relativista sui quesiti posti – non posso che abborracciare risposte lacunose che risuonano infime alle mie stesse orecchie. Così improvviso spiegazioni generiche. Imbastisco fiacche dimostrazioni di comodo.
Siamo troppo sperduti nel labirinto della vita sociale adulta, sommersa di risposte insensate a domande altrettanto inutili, per restare al passo con la trasparenza infallibile dei bimbi che – ancora fuori dal labirinto della società – ci pongono domande essenziali ed esigono prove efficaci, chiedono risposte decisive e utili così come utile ed efficace fu a Teseo il filo d’Arianna per portare il culo in salvo dal Minotauro.
• I bambini non possono bere perché l’alcol farebbe male allo sviluppo della loro crescita mentale, emotiva e fisica.
• Presumo di capire che un vino è buono e mi piace se innanzitutto conosco:
Chi il vino l’ha fatto (confidenza/conoscenza col produttore);
Come lo ha fatto (cognizione di causa sulle tecniche enologiche e le pratiche vitivinicole);
Dove lo ha fatto (terreni e lavoratori della terra, tradizioni agricole, clima, comunità, economia, cultura locale).