Sidro d’Irlanda e di Svezia, vino di Borgogna a cena su pizza sempre troppo buona di Carlo & Francesca.
Il pianeta sidro, l’asteroide della fermentazione alcolica delle mele, sono mondi ancora tutti da esplorare, almeno dalle nostre parti. Tempo fa, dopo averne assaggiati in loco di clamorosi, ho riportato da Burlington (Vermont) un sidro crudo, non pastorizzato/non filtrato davvero eccellente e succulento di cui a parte la bontà effettiva del prodotto, non mi resta memoria né fotografica né tantomeno nominativa. Non ricordo insomma più il nome del prodotto e del produttore.
Oltretutto vicino Burlington a Waterbury, in volumi molto limitati si produce una IPA non pastorizzata/non filtrata anch’essa ricercata come fosse un Sacro Graal nell’ambiente dei fanatici birrofili: la leggendaria Heady Topper del birrificio The Alchemist prodotta un paio di volte la settimana. Mi raccontava più di qualche autoctono essere la HT una birra-feticcio che scatena veri e propri deliri d’accaparramento tra maniaci ossessivi in fila già dalla mattina a giorni alterni nei vari punti di smistamento della provincia. Detto fra le righe, gran parte del montagnoso Vermont è uno dei pochi posti resistenziali di tutta l’America, – da Oriente a Occidente da Nord a Sud -, dove ancora riescono consapevolmente a non farsi travolgere del tutto dall’oceano di merda liquidosolida dispensata da McDonald’s o Starbucks a cui a quanto sembra hanno permesso concessioni limitate nello stato federato.
Tempo fa ad una serata di degustazione alla cieca sull’Etna, avevamo anche disposto in batteria un sidro in versione Brut del grande Eric Bordelet tra le varie bottiglie di vino coperte previste. Quello che ho assaggiato sere fa invece, in abbinamento ad una classica quattro formaggi, era un sidro artigianale irlandese il Cockagee e sulla 4 formaggi ci stava una bellezza! Il sidro nello specifico è ricavato da un’antica qualità di mele utilizzando una tecnica naturale denominata keeving. Un sidro keeved è realizzato cioè attraverso questo metodo tradizionale di estrazione della dolcezza dalle mele in fase di fermentazione con i lieviti indigeni, senza aggiunta di acqua o altri zuccheri assicurando al prodotto finale una lieve filigrana frizzante che riesce a mantenenere la fragranza genuina della polpa del frutto, bilanciando tra dolcezza sottile e delicata trama amarognola.La bevanda di mele sta sollecitando il nostro desiderio – già folgorato di suo – d’approfondire meglio l’argomento. Stuzzica la mia curiosità e quella di alcuni altri amici più fulminati di me. Dopo questo curioso aperitivo è quindi seguita un’eccellente pizza della settimana sempre in quel di Farinè: patate rosse al pesto trapanese con soppressata di polpo. A questa suprema bontà abbiamo affiancato – ed è stato l’abbinamento della serata – un Beune Premier cru Les Aigrots di Sébastien Magnien, giovane produttore a Meursault che fa vini perfettamente misurati sia nelle maturazioni dell’uva che negl’affinamenti col legno. Sébastien – che sono andato a trovare in cantina qualche settimana fa di rientro da un viaggio di lavoro a Parigi – difatti produce vini calibratissimi ricolmi di personalità ma sottili, senza fronzoli tecnici o eccessi d’ego e nonostante sia situato in una felice zona vitivinicola a preponderanza bianchi, la gran maggioranza dei suoi vini sono rossi, pinot noir ovviamente, da vari villages e appellàtions quali:
- Beaune (Premier cru Les Aigrots);
- Bourgogne Hautes-Côtes de Beaune (Clos de la Perrière);
- Bourgogne Hautes-Côtes de Beaune (Vieilles Vignes);
- Bourgogne-Hautes-Côtes de Beaune (Clos de la Perrières)
- Pommard (Les Petits Noizos e Les Perrières):
- Volnay (Les Echards), .
Ritornando al sidro, sere fa in quel meraviglioso luogo utopico, laboratorio d’idee, officina di braccia/pensiero, crocevia internazionale di giovani entusiasti, centrale d’energia positiva che è Grappolo contro Luppolo da Carussin a San Marzano Oliveto, ho assaggiato grazie a Luca, un sidro svedese Häxan, che gli avevano appena portato in dono dalla galassia scandinava. Meno succoso dell’irlandese, più asciutto, secco, agretto, un po’ corto al palato, paragonabile sia al naso che in bocca all’acidità citrica di una lambic che aprendoti lo stomaco con la chiave inglese, istiga i succhi gastrici e ti ben dispone alla cena. Freschezza acidula di un pompelmo rosa spremuto al momento, succulenti sentori fermentativi di yogurt. Aperitivo perfetto ad accompagnare una Robiola di Roccaverano autentica a latte crudo di capra, quadratini di pane integrale buonissimo intinti nell’olio evo e fette di un salame astigiano alle nocciole, cremoso, ancora fresco in fase di stagionatura ma comunque buono in termini accrescitivi, da mangiarne a badilate.