Sangiovese Vitigno di Razza Purosangue
A Siena, i primi di novembre dal 2 al 5, si è svolta la manifestazione Sangiovese Purosangue 2017 giunta alla sua VI edizione.
È già il secondo anno di seguito che ho il piacere di partecipare a questa intensa kermesse organizzata grazie alla caparbietà e all’impegno proattivo di Davide Bonucci – EnoClub – Siena che attraverso questa sua associazione promuove cultura del territorio e delle eccellenze eno-gastronomiche con il supporto di Marina Ciancaglini – Garage Wine all’ufficio stampa e alla comunicazione.
Per quattro giorni pullulanti di attività tra la Contrada della Lupa, la Fortezza Medicea (Sala Esposizione e Bastione San Filippo) e le aule esterne dell’Università di Siena nel Complesso S. Niccolò più un buffet al fastoso Palazzo Salimbeni con vista notturna impareggiabile su piazza del Campo, si sono succeduti seminari, conferenze, dibattiti, degustazioni, banchi di assaggio, incontri con i produttori inerenti al microcosmo Sangiovese. Ovviamente sangiovese di Toscana quasi tutto di indicazione geografica e denominazione d’origine garantita con qualche stimolante sconfinamento verso interpretazioni della stessa uva anche dalla Romagna e dall’Umbria.Le conferenze tecniche, affiancate alla degustazione di alcuni Chianti Classico in merito alla corrispondenza suoli-vini – da San Casciano in Val di Pesa a Barberino Val d’Elsa a Greve, Castellina e Gaiole in Chianti, Castelnuovo Berardenga – hanno segnato uno dei momenti topici delle varie giornate. Professori universitari, agronomi, enologi, viticultori e produttori di vino si sono avvicendati con entusiasmo ad illustrare il loro sapere, a condividere le loro personali esperienze conoscitive sciorinandole a un folto pubblico di addetti ai lavori, critici, degustatori e appassionati del vitigno sacro della Toscana che i contadini meno docili e niente affatto addomesticati continuano ancora a chiamare come un tempo: San Gioveto.L’intera giornata si è succeduta nel solco d’un illuminante percorso di approfondimento razionale relativo alla nutrizione idrica e ricchezza minerale dei terreni; alla presenza d’ossigeno e azoto piuttosto che alla temperatura del terreno perché variegati sono i livelli termici del suolo così come, naturalmente, svariate sono le composizioni geologiche, le tessiture pedologiche, le trame organiche dello stesso. Suoli sabbiosi, suoli franchi, suoli argillosi etc. che determinano a loro volta la matrice di profondità, complessità, colore, struttura, salubrità, vigoria delle piante. Lo stato di salute dei portainnesti e delle radici impiantate in un terreno con caratteristiche specifiche caratterizzerà il tipo di uve maturate – sangiovese nel nostro caso seppur da innumerevoli cloni – le quali, a partire dal sistema d’allevamento, dai trattamenti, dalle macchinazioni e dai soprusi chimici in vigna o dalla cura della vitalità del terreno, dallo stile di vinificazione impostato e via discorrendo, daranno come risultato finale uno specifico tipo di vino piuttosto che un altro. Vino, si badi bene, che se non è stato eccessivamente manipolato con l’abuso delle tecniche enologiche di sintesi o ricorrendo alle accomodanti ma invasive pratiche d’affinamento da parte dell’uomo, dovrebbe, sempre del suolo, rispecchiarne la sostanza prima e ultima di frutto della terra squadernando infine nel bicchiere il senso complessivo del terroir.Il momento più illustrativo – sia in positivo che in negativo – di tutto questo fermento teorico è stato incarnato dalla batteria di degustazione delle micro-vinificazioni sperimentali caldeggiate dall’Associazione Classico della Berardenga. Nel nome di Leonardo Bellaccini, enologo della notabile azienda Agricola San Felice si riunisce, nel progetto suddetto, la raccolta/produzione di ventisette piccoli viticoltori associati che finalizzano i loro sforzi in tre etichette singole: Sabbia, Galestro, Macigno ovvero le tre più diffuse componenti di terreno da cui provengono le rispettive uve sangiovese; per quanto poi lo stile un po’ troppo Deus Ex Machina di vinificazione, fermentazione ed “elevamento” della cantina madre tenda alquanto ad appiattire/omologare nel legno gli sforzi fatti in campagna proprio nell’ottica di differenziare, zonare e separare la produzione delle uve dai suoli appunto a maggior presenza di sabbia, galestro o macigno.Altri excursus teorici riguardavano le potenzialità delle moderne tecnologie geomatiche per la viticoltura, tema ancora forse un po’ troppo avventuroso relativo alle geotecnologie avanzate che sconfinano dai dipartimenti di scienze fisiche della terra e dell’ambiente con l’applicazione di droni, laser ed elicotteri a effetti speciali tipo Indiana Jones ma che al momento hanno ancora ben poche, oscure e alquanto confuse implicazioni in viticoltura.
O ancora la conferenza su Geologia e cartografia geologica dei Monti del Chianti: implicazioni per la produzione vitivinicola da cui in buona sostanza, sulla scia dei mille ragionamenti circa la zonazione vitivinicola e olivicola della provincia di Siena attinente ad uno studio seminale del Costantini (20006), è emersa come criticità ed urgenza la grande questione, attualissima seppur spinosa, delle menzioni geografiche – questione particolarmente politica, geografica, burocratica, commerciale. Menzioni geografiche anche più ristrette e circostanziate di quelle comunali a cui s’accosta l’aggiunta negli ultimi anni della definizione in etichetta della Gran Selezione che pare aver creato più confusione che chiarezza, soprattutto nel panorama già ingarbugliato di suo dei mercati esteri.Dalla giornata dedicata invece alle elucubrazioni sulla “Sostenibilità in Viticoltura” a parte qualche tipica deriva pseudo-accademica nazional-pop e una spiacevole ma ahimè diffusa attitudine universitaria specializzata in tentata vendita di Master “Operazionalizzati” come fosse Antani Management Sustainaibility Sbiriguda Prematura Trallallà… cioè a dire fumo negl’occhi ammantato di scientificità, nonsense e anglicismi ingiustificati, paralogismi inconcludenti e supercazzole con la pala raffazzonate dalla retorica vacua del “sostenere la sostenibilità”, ho però avuto modo di apprezzare, menomale, un puntuto, ben argomentato seminario su I profili giuridici del vino con particolare riguardo al vino biologico. Soprattutto però ho ammirato un intervento molto sentito e trasparente dell’agronomo/contadino Lorenzo Costa sul Recupero dei terreni marginali con pratiche agronomiche sostenibili, in cui l’intellettuale militante, lo scienziato sul campo ha raccontato senza veli né ipocrisie, la sua esperienza di vita diretta, gli ostacoli burocratici, le lotte quotidiane, la fatica, il piacere, l’utilità di recuperare terrazzamenti abbandonati per farne terreni adatti alla coltivazione d’ortaggi. La cura, gli sbattimenti, la tutela del paesaggio chiantigiano attraverso la manutenzione dei muri a secco, la devozione alle asperità e delizie della terra, l’uso di un’agricoltura vitale di sacrificio – che poi è uno stile di vita, un modello di pensiero olistico – agricoltura come processo collaborativo di crescita improntata al buon senso perché, e qui il Dott. Costa citava ben a ragione Frederick Kirschenmann:
“Con l’agricoltura convenzionale abbiamo perduto la conoscenza di come cooperare con il suolo. Un sistema sostenibile è un sistema vivente (…) adottare un sistema sostenibile è un processo non una tecnica.”
Purtroppo non ho avuto modo di assistere al seminario che si preannunciava scintillante fin dal titolo, dedicato a I difetti e le virtù. La percezione positiva del Brett e della volatile, la sua valutazione estetica… argomento complesso minato di ambiguità speculative, contraddizioni produttive, feticismi organolettici, forzature ideologiche, polemiche di marketing legate alla perfezione dell’imperfetto, che richiamano alla mente le ottocentesche riflessioni dell’hegeliano Rosenckranz sull’Estetica del Brutto.Si sono succedute poi verticali e approfondimenti di annate con i vini del Castello di Monsanto; con il Chianti Classico Riserva Badia a Coltibuono assieme a Roberto Stucchi, produttore di non comune sensibilità e intelligenza; e ancora sempre buonissimo ma fin troppo trascurato dal pubblico non di nicchia, il Chianti Rufina Riserva Selvapiana (Bucerchiale) di Federico Giuntini, con una profondità di annate sventagliate in batteria a dir poco incredibili che andavano dalla 1958, 1965, 1973, 1980, 1983, 1993, 2000, 2009 alla 2013.Un giorno intero invece, dalla mattina alla sera con il contributo indispensabile di Seila e Pier Lorenzo miei nuovi brillanti compagni di bevuta dei vini ben fatti e genuini, compagni terroir_isti comme-il-faut per dirla con l’amico agronomo terroir_ista Bertacchini, ci si è concentrati all’assaggio compulsivo delle bottiglie in campo, focalizzandosi alla degustazione “geosensoriale” dei tanti, anche troppi, sangiovese in batteria. Erano quasi 250 vini con un focus sull’annata 2007 da cui abbiamo deciso di battezzare la giornata d’assaggi massicci. Trenta erano le bottiglie dei 2007 presenti d’altrettanti produttori in lista. Annata la 2007 alla fin fine di succosa sostanza seppur adombrata dalla precedente 2006, vendemmia quest’ultima, almeno in Toscana, di maggior struttura, complessità, eleganza ed equilibrio.Produttori e vini erano classificati negli areali di produzione sull’esempio della decisiva mappa in rilievo del Masnaghetti (I Cru di Enogea) che ben cartografa i vigneti proponendo una fotografia verosimile dove è mostrata in evidenza l’importanza delle altitudini, il significato ultimo delle esposizioni, la parcellizzazione delle zone a maggior vocazione vitivinicola da Nord a Sud, da Est a Ovest del Chianti Classico.– Area Chianti Classico/ Vini Chiantigiani
San Casciano Val di Pesa
Greve in Chianti – Montefioralle
Greve in Chianti – Lamole
Greve in Chianti – Panzano
Val D’Elsa
Radda in Chianti
Castellina in Chianti
Gaiole in Chianti – Gail Alta
Gaiole in Chianti – Monti in Chianti
Castelnuovo Berardenga
– Area Senese
Siena
Casole D’Elsa
San Gimignano
Chiusi
Pienza
Montepulciano
– Area Aretina
Casentino
Bucine
– Area Fiorentina
Chianti Rufina
Certaldo
Montespertoli
Fiesole– Area Pisana
Terricciola
Palaia – Pisa
Volterra
– Area Grossetana
Cinigiano
Castel del Piano
Manciano
Montana
Montalcino
– Umbria
Perugia
Torgiano
Al netto delle dovute considerazioni da fare in merito a variabili quali annate diverse, riserve, vini d’entrata e tenuta del tappo che possono più o meno condizionare/pregiudicare l’integrità di un vino, una premessa necessaria quando si assaggiano considerevoli batterie di così tanti vini, va fatta circa l’imparzialità del palato di chi degusta e talvolta malamente giudica, palato che è praticamente inondato, neutralizzato, bruciato da centinaia di schiocchi di lingua, gorgheggi, gargarismi, risciacqui, borborigmi orali e sputaggi.
Dovessi comunque scegliere una risma sommaria ma sentimentale d’etichette da questo caleidoscopio di sangiovesi provati – massì, sangiovesi al plurale perché non si dà un solo sangiovese come ben dimostrato proprio in questa sede -, degli assaggi fatti in giornata quelli che più hanno assecondato certe mie propensioni all’equilibrio dell’insieme, alla freschezza d’agrumi dissetanti maturi al punto, alla succulenza balsamica, al nerbo d’acidità, tensione muscolare, polpa carnosa, croccantezza del seme, sapore quasi umami e “mineralezza” al retrogusto… caratteristiche quintessenziali nel vino e a maggior ragione in questa occasione visto che qui parliamo di vini a base dell’uva santa Sangiovese, sono in ordine sparso e casuale così come elencati:
Cigliano, Chianti Classico (San Casciano Val Di Pesa)
Villa Calcinaia, Chianti Classico (Greve in Chianti – Montefioralle)
Altiero, Chianti Classico (Greve in Chianti – Montefioralle)
Podere Castellinuzza, Chianti Classico (Greve in Chianti – Lamole)
Ormanni, Chianti Classico (Val D’Elsa)
Castello di Radda, Chianti Classico (Radda in Chianti)
Val Delle Corti, Chianti Classico (Radda in Chianti)
Montevertine 2007 (Radda in Chianti)
Pomona, Chianti Classico (Castellina in Chianti)
Tregole, Chianti Classico (Castellina in Chianti)
Badia a Coltibuono, Chianti Classico (Gaiole in Chianti – Monti in Chianti)
Felsina, Chianti Classico Riserva Rancia 2007 & 2011 (Castelnuovo Berardenga)
Monte Chiaro, Chianti Colli Senesi (Siena)
Le Macchie, Macchie 2007 Terre di Casole Sangiovese (Casole d’Elsa)
Alessandro Tofanari, Fantesco Sangiovese (San Gimignano)
Capitoni, Orcia Sangiovese Troccolone (Pienza)
Ornina, Ornina Rosso (Casentino)
Selvapiana, Chianti Rufina (Chianti Rufina)
Casale di Giglioli, Sangiovese & Chianti (Certaldo)
Antonio Camillo, Morellino di Scansano (Manciano)
Le Chiuse, Brunello di Montalcino (Montalcino)
Piombaia, Rosso e Brunello di Montalcino (Montalcino)
Sanlorenzo, Brunello di Montalcino Riserva 2007 (Montalcino)
Santa Maria Colleoni, Brunello di Montalcino (Montalcino)
Ventolaio, Rosso di Montalcino (Montalcino)
Cantina Margò Carlo Tabarrini, Margò Rosso Umbria IGT (Perugia)