Un ricordo di Beppe Rinaldi:
Dostoevskij, Baudelaire, il Citrico
Una decina d’anni fa, quando si poteva ancora freuquentare il Merano Wine Festival, girovagavo inquieto nella sezione separata dedicata ai vignaioli artigiani. Assaggiando assieme a lui i suoi vini, lui dietro al banchetto sempre un po’ blasé e sornione, il sarcasmo asciutto di chi sa, di chi capisce e non lo dice, cominciamo non so più come e perché a ragionare di letteratura universale.
Ecco che a Beppe Rinaldi s’infiammano improvvisamente gl’occhi con i quali infuoca anche i miei. Appoggia il suo bicchierino di Barolo al banchetto dopo averne tratto un sorso meditabondo e, – profilo sempre basso, senza mai contravvenire a quel ghigno benevolo d’autoironia disincantata dietro al baffo ammiccante, – proclama:
“Se i produttori di vino, se i consumatori di vino leggessero più Dostoevskij o Baudelaire, si berrebbe sicuramente meglio e ci romperemmo meno le bballe a vicenda!”